di Raul Mordenti
(ADISTA, a. XLVIII, suppl. al n.6219, 1 marzo 2014, pp.4-5)
La candidatura alla carica di Presidente della Commissione Europea di Alexis Tsipras è davvero una buona notizia, in un momento in cui abbiamo molto bisogno di buone notizie.
La personalità politica del candidato è garanzia di una visione dell’Europa e delle sue politiche radicalmente alternativa al massacro sociale che abbiamo di fronte. Syriza, il partito greco di cui Tsipras è leader, è stato alla testa nell’opposizione ai diktat della Troika e delle banche (di cui l’attuale governo dell’Europa è espressione diretta). Come si ricorderà, alla Grecia fu imposta dalla Troika europea e dalla BCE una politica di cosiddetto “rigore”, tutto finalizzato a restituire soldi alle banche, cioè alla Germania e alla Francia. Il PASOK (il Partito socialista greco) ubbidì a quelle politiche perinde ac cadaver, tagliando ferocemente scuola, sanità, pensioni, e migliaia e migliaia di posti di lavoro, con il bel risultato non solo di colpire le condizioni di vita dei greci (in Grecia è tornata la fame e la morte per malattie curabilissime) ma anche di far peggiorare tutti i parametri dell’economia greca, compreso il mitizzato rapporto debito/PIL). Syriza invece si oppose, e si oppone, passando in pochi mesi dal 3% scarso dei voti al 26%, e i sondaggi danno attualmente il partito di Tsipras come il primo partito greco. Ecco una prima lezione per la sinistra italiana: l’opposizione seria può pagare e paga, mentre l’obbedienza alla banche porta alla bancarotta in primo luogo la cosiddetta sinistra che la segue. Non solo, ma l’esperienza positiva di Syriza dimostra anche che l’opposizione può unire la sinistra, beninteso a partire dalla chiarezza e dalla coerenza: è superfluo dire che non è neanche pensabile per i compagni greci l’idea di convergere nel PASOK, dato che in Grecia, come ovunque in Europa, la socialdemocrazia è la più obbediente longa manus delle politiche antipopolari delle banche e della Troika.
Tsipras è stato candidato alla Presidenza della Commissione europea dal Partito della Sinistra Europea, riunitosi a Congresso a Madrid dal 13 al 15 dicembre 2013. Del Partito della Sinistra Europea Tsipras è il vice-presidente (il presidente è Pierre Laurent del PCF, il Partito Comunista Francese) e ne sono membri Rifondazione Comunista (per l’Italia), Die Linke (per la Germania), Izquierda Unida e il PCE (per la Spagna), Bloco de Esquerda (per il Portogallo), il Partito Comunista d’Austria, i due Partiti comunisti (valloni e fiamminghi) del Belgio e altri numerosi partiti comunisti o di sinistra che fanno parte nel Parlamento europeo del gruppo del GUE-Sinistra Nordica. Anche il IX Congresso nazionale di Rifondazione Comunista (svoltosi a Perugia nel dicembre scorso) ha lanciato la candidatura di Tsipras. Un dato singolare su cui riflettere: di queste candidature ufficiali di Tsipras ma non si è vista alcuna traccia nella nostra grande stampa “indipendente” e meno che mai nelle TV, fino a che – qualche settimana fa – quella stessa candidatura non è stata ripresa e presentata come una propria originale invenzione da sei prestigiosi intellettuali italiani, fra i quali spiccano i nomi di Paolo Flores d’Arcais, Luciano Gallino e Barbara Spinelli. E sulla candidatura di Tsipras convergono in questi giorni numerose prestigiose personalità intellettuali italiane e significative esperienze di movimento. A a quanto sembra perfino SEL, finora obbedientissima costola del PD e che ha recentemente anche chiesto di entrare nella socialdemocrazia europea, appoggerebbe la candidatura di Tsipras; deriva da questa patente contraddizione l’impagabile affermazione di Vendola “Per Tsipras, ma non contro Schulz”; il tedesco Martin Schulz, attuale presidente del Parlamento europeo (peraltro assai criticato per il suo poco imparziale appoggio a Barroso) è esponente dell’SPD, che partecipa alla “grande coalizione” con la Merkel ed è il candidato socialdemocratico antagonista di Tsipras alla carica di Presidente nelle prossime elezioni europee, così che la posizione di Vendola “Per Tsipras, ma non contro Schulz” suona un po’ come “Per il diavolo, ma non contro l’acquasanta” (sia detto en passant: sono astutissime posizioni come questa che fanno ridere all’estero della politica italiana e del suo machiavellismo straccione).
Tutto bene dunque? Tsipras e il suo programma (10 punti ragionevoli e forti per invertire la politica economica dell’Europa) sono stati capaci di smuovere la palude della sinistra italiana e di unirla per incanto? Speriamo e dobbiamo sperare che sia davvero così, ma perché questo avvenga davvero sembra siano da sciogliere due nodi.
Il primo è quello dello schieramento nel Parlamento europeo degli/delle eletti/e della Lista Tsipras. Ci sarà un solenne e irrevocabile impegno, in coerenza con il programma presentato agli elettori, a far parte del gruppo del GUE, oppure chi sarà eletto/a rivendicherà di poter andare nel gruppo parlamentare che vorrà, non escluso il gruppo socialdemocratico? È chiaro che se prevalesse questa seconda ipotesi si manderebbe un segnale insopportabile di trasformismo, degno degli italianissimi Scilipoti e De Gregorio, e si porterebbe nuova acqua al mulino del disprezzo per la politica e della disaffezione per la democrazia.
Il secondo nodo è quello dei criteri di selezione dei/delle candidati/e. Qualche settimana fa i “magnifici sei” intellettuali hanno – incredibilmente – rivendicato a se stessi il potere di scegliere in modo sovrano e inappellabile le candidature. Poi sembra che si sia ripiegato su una posizione di compromesso, a tutt’oggi assai poco chiara, che presenta però pesanti tracce di “grillismo”, ad esempio nella demagogica interdizione ai pubblici uffici” (in questo caso alle candidature) per chi si sia macchiato in passato della grave colpa di aver ricoperto cariche di partito. Credo che sia giunto il momento di criticare queste posizioni, benché esse abbiano nelle vele il potente (ma ambiguo) vento dell’ “antipolitica”: è giunto – io credo – il momento di dire alto e forte che la politica è una cosa nobile e bella, e che l’esistenza di politici e di Partiti corrotti, fossero anche questi la maggioranza dei casi (come effettivamente sono) rende ancora più necessaria l’esistenza di una politica pulita e nuova e di Partiti democratici e trasparenti, e non certo la loro condanna o soppressione. Senza considerare inoltre che chi, ad esempio, dirige un giornale non è certo meno “politico” (né più innocente) di chi dirige un Partito, e anzi quest’ultimo si sottopone almeno a qualche forma di controllo democratico da parte dei propri iscritti e militanti. Come scriveva il nostro Gramsci: “…i ‘partiti’ possono presentarsi sotto i nomi più diversi, anche quello di antipartito e di ‘negazione dei partiti’; in realtà, anche i così detti ‘individualisti’ sono uomini di partito, solo che vorrebbero essere ‘capi partito’ per grazia di Dio o dell’imbecillità di chi li segue.” (Gramsci, Quaderno 15, p. 1752 dell’edizione Gerratana). Non si può pensare di ripetere esperienze anche recenti in cui qualcuno (le vergini dell’ “antipolitica”) metteva i nomi dei candidati da eleggere e la presenza in TV, e qualcun altro (i Partiti brutti sporchi e cattivi) metteva la militanza, la raccolta delle firme e dei fondi, l’attacchinaggio dei manifesti elettorali e la distribuzione dei volantini.
Dunque, per segnare davvero un nuovo inizio, si sgomberi il campo di residui di neo-qualunquismo, per giunta interessato, e si sperimentino forme nuove, ormai del tutto possibili, di democrazia partecipativa: non sarebbe difficile, se solo lo si volesse, convocare quartiere per quartiere e città per città assemblee popolari della Lista Tsipras (magari supportate dal web), in cui presentare e proporre e decidere in modo davvero democratico e trasparente le candidature. Proviamoci.
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