Storia della tradizione e critica del testo

1) Il Dialogo della mutatione di Bartolomeo Cerretani, in “FM Annali”, 1979, 2, pp. 7-69.

2) Le due censure: la collazione dei testi del Decameron “rassettati” daVincenzio Borghini e Lionardo Salviati, in * Le pouvoir et la plume. Incitation, contrôle et répression dans l’Italie du XVI.e siècle, Paris, C.I.R.R.I.-Université de la Sourbonne Nouvelle, 1982, pp. 253-273.

3) Per un’analisi dei testi censurati: strategia testuale e impianto ecdotico della “rassettatura” di Lionardo Salviati, in “FM Annali”, 1982, 1, pp. 7-51.

4) La Griselda della Controriforma italiana, in * La circolazione dei temi e degli intrecci narrativi: il caso Griselda, cura di Raffaele Morabito, L’Aquila, Japadre, 1985, pp. 64-75.

5) Proposte di norme editoriali per la collana “La memoria familiare”, in “LdF. Bollettino della ricerca sui libri di famiglia”, a.I, n.2-3 (maggio-dicembre 1989), pp. 5-61.

6) Proposte per la definizione di una scheda multidisciplinare di descrizione/segnalazione dei testi manoscritti, in “Movimento Operaio e Socialista”, a. XII nuova serie, n.1-2 (gennaio-agosto 1989), pp. 49-60 (altro…)

L’altra critica

La nuova critica della letteratura tra studi culturali, didattica e informatica

L’ultima pubblicazione di Raul Mordenti

La critica letteraria non è sempre esistita e non esisterà per sempre. In questo libro si ricostruiscono le circostanze – culturali, sociali, epistemologiche – che consentirono l’instaurarsi storico della critica letteraria (quale noi l’abbiamo conosciuta) e del concetto stesso di letteratura. In quella fondazione (forse solo ora ci è chiaro) vivevano già i limiti invalicabili della ragione borghese e, prima ancora, quelli della divisione del lavoro e dell’antropologia signorile che su di essa si fonda e che da essa è giustifi cata e ribadita. Così la crisi attuale (o la fine) della letteratura e della critica letteraria quali noi le abbiamo intese deve essere messa in rapporto con una situazione storico-sociale (e culturale) del tutto inedita, caratterizzata dal trionfo del capitalismo reale su scala globale e però al tempo stesso anche dalla sua interna irresolubile crisi. La cultura di questo assetto catastrofi co è la nuova retorica pervasiva e totalitaria dei mass-media (e più precisamente del discorso pubblicitario), è la comunicazione senza informazione e contenuto, è ciò che l’Autore definisce (sulla scorta di Steiner) “la cultura del berlusconismo”, intrinsecamente opposta al discorso critico ed anzi incompatibile, per sua stessa natura, con ogni critica. Se questa crisi reca con sé il rischio realissimo di una perdita secca di testualità e di senso, essa tuttavia contiene in sé (come tutte le crisi) anche altre possibilità liberatorie, che questo libro cerca di indagare. È, ad esempio, la proposta dei Cultural studies (qui riletti attraverso Gramsci); è la proposta di “un’altra critica” impegnata a ricostruire una benjaminiana “tradizione degli oppressi”; è – in sostanza – l’assunzione dell’Alterità come il più produttivo dei fattori conoscitivi: Alterità sociale, etnica, culturale, ma anche Alterità fra le generazioni, ciò che fa della Scuola e dell’Università (non per caso fatte oggetto di un processo di “distruzione capitalistica”) il luogo cruciale dello scontro e dell’impegno.

Indice

“Il canto decimo dell’Inferno” di Antonio Gramsci

(Seminario dell’IGS-Italia sul Quaderno 4, Roma, 8 marzo 2013)

L’intervento completo a cura di Raul Mordenti è disponibile in pdf

1. Una “lunga fedeltà” a Dante
Nella prima lettera scritta da Gramsci dopo l’arresto (alla sua padrona di casa Clara Passarge) e mai pervenuta perché trattenuta dalla censura carceraria, Gramsci chiedeva di ricevere in prigione due libri di sua proprietà (specificando dove essi si trovassero in casa): una grammatica tedesca1 e il Breviario di linguistica scritto dal suo maestro universitario di Glottologia (il suo unico trenta e lode) Giulio Bartoli, assieme al filologo Giulio Bertoni; egli aggiungeva infine in questa primissima lettera la richiesta di ricevere un terzo libro, questo però non di sua proprietà ma da acquistarsi per lui:
(…) 3° gratissimo le sarei [e ci sembra quasi di sentire qui il suo accento sardo, con l’anticipazione del predicato nominale rispetto al verbo NdR] se mi inviasse una Divina Commedia di pochi soldi, perché il mio testo lo avevo imprestato. (LC, p. 3)
Dunque la Divina Commedia è un libro (si noti: l’unico libro) di cui Gramsci sembra non poter fare a meno, al punto da rivolgersi (lui così riservato e pieno di complimenti) a una semi-estranea chiedendole senz’altro di comprarlo per lui. Si noti ancora: per Gramsci non conta qui l’edizione, conta solo che sia una Divina Commedia e che egli possa tenerla con sé e leggerla, anche in carcere. (altro…)

Appello

Appello ai Docenti e Lavoratori dell’Università di Roma “Tor Vergata”

Vota e fai votare Raul Mordenti candidato di Rifondazione Comunista al VII Collegio del Senato

Cara/o amica/o e Collega,

molti di noi conoscono il prof. Raul Mordenti, della Facoltà di Lettere, fino dal ’68 e dalla sua militanza nel Movimento studentesco; altri di noi l’hanno invece conosciuto e apprezzato più tardi, come Collega impegnato nella didattica e nella ricerca, quando è stato chiamato nella nostra Università a insegnare “Storia della critica letteraria” nell’a.a. 1993-94; altri, infine, l’hanno conosciuto nel corso delle importanti mobilitazioni che hanno unito molti di noi (pure di orientamenti politici ed ideali diversi) nella mobilitazione contro la guerra in Kossovo.

Non crediamo ci faccia velo l’amicizia personale che ci lega a Raul, se pensiamo che il Collega Mordenti porterebbe in Senato un impegno intransigente di antifascista (altro…)

Domande

Tebe dalle sette porte, chi la costruì?
dentro i libri ci sono i nomi dei re.
Sono stati i re a trascinarli, i blocchi di pietra?
E Babilonia, tante volte distrutta,
chi altrettanto la riedificò? In quali case
di Lima dai bagliori d’oro abitavano i costruttori?
Dove andarono, la sera che fu terminata la Grande Muraglia,
i muratori? Roma la grande
è piena d’archi di trionfo. Chi li eresse? Su chi
trionfarono i Cesari? La celebrata Bisanzio
aveva solo palazzi per i suoi abitanti? Anche nella favolosa Atlantide
la notte che il mare la inghiottì, affogando lanciavano grida
d’aiuto ai loro schiavi.
Il giovane Alessandro conquistò l’India
Lui, da solo?
Cesare sconfisse i Galli.
Non aveva con sè nemmeno un cuoco?
Filippo di Spagna pianse, quando la flotta
gli fu affondata. E non pianse nessun altro?
Federico II vinse la guerra dei Sette Anni. Chi,
a parte lui, l’ha vinta?
Ogni dieci anni un grand’uomo.
Chi pagò le spese?
Per tante notizie,
tante domande.

(Bertolt Brecht)

La Sepoltura di Lenin

“Anche i morti, stupefatti,
saranno scossi nei loro nascondigli.
La storia
presto
sarà tutta scritta di nuovo.”
Ma non è pensando a Fortini
che tovarich/mister Sobciak
già iscritto del PCUS
già dirigente del PCUS
già eletto dal PCUS a sindaco di
Leningrado
(cioè, volevo dire, di San Pietroburgo)
ed attualmente liberal
della più bell’acqua,
non è pensando a Fortini
che tovarich/mister Sobciak
ha proposto di rimuovere Vladimir Ilic
e di fargli un bel funerale
“secondo le nostre tradizioni antiche”
– come lui dice –
col pope ortodosso e tutto quanto.
Non è pensando a Fortini
che mister/tovarich parla,
ma alla Coca Cola ed alla FIAT
ed alla Lega delle Cooperative,
ed ai marines,
che possano sbarcare
finalmente
rassicurati
a divorare il patrimonio dei Soviet,
senza l’impaccio, e la paura,
della mummia di un comunista
(e in pieno centro storico!).
Solo in parte
possiamo concordare con la proposta:
sia rimosso il corpo imbalsamato
di chi non può essere imbalsamato;
per evitare che flash giapponesi
illuminino, senza fare luce,
il volto
che ha persuaso Gramsci,
la bocca
che ha parlato a tutti, a tutti, a tutti,
gli occhi
che hanno osato guardare
più lontano.
Sia rimosso quel corpo, soprattutto,
perché sia realizzata,
finalmente
l’espressa volontà di Vladimir Ilic
(che sua moglie trasmise invano al suo Partito)
che non vi fossero, per i comunisti, spoglie
sacre, che non vi fossero, per i comunisti,
statue, né immagini, né idolo nessuno.
Ma non merita
Lenin
il canto ipocrita del Pope
olezzante cipolla;
non ha colpe
Lenin
da lavare con segni di croce
vuoti sulla bara;
non ha commesso nefandezze
Lenin
perché lo deponga in terra
chi ha combattuto il suo popolo,
chi ha rimpianto
per settanta lunghi anni
lo zar e la sua frusta.
Piuttosto, se oltraggio
dei morti comunisti
deve esserci,
per rendervi più lieti e più sicuri,
allora lasciate,
almeno,
che siano i comunisti, almeno,
a scegliere
il tipo dell’oltraggio
per Vladimir Ilic:
un oltraggio che sia per lui
uguale
a quello che sempre è stato il nostro,
dei comunisti.
Fucilatelo,
bendato, sull’orlo di grandi fosse comuni,
come faceste a migliaia dei nostri
(anche allora: perché vi passasse paura)
dopo la Comune di Parigi.
Bruciatelo,
rinchiuso dentro una fabbrica,
come faceste alle operaie americane.
Buttatelo nel fiume
che ancora respirava dopo i colpi
come faceste,
compagni socialdemocratici di Achille,
a Rosa Luxemburg.
Impiccatelo,
con un cartello al collo,
come i nazifascisti ai partigiani
(e venti milioni di morti nostri vi sconfissero allora!).
Fatene bersaglio
di napalm e di bombe
intelligenti
come nel Vietnam e ad Hiroshima
e a Baghdad.
Gettatelo,
già morto,
dalla finestra di una questura,
o dilaniatelo
con una bomba Gladio a una stazione,
come avete già fatto (con successo)
perché chi avanzava arretrasse
e chi parlava imparasse,
di nuovo e sempre,
a tacere.
Strangolatelo,
a poco a poco,
con guerra, fame e menzogna,
come avete già fatto
e fate
a Cuba e Nicaragua
ed a quattro uomini su cinque
sotto il sole.
Trattate, anche da morto,
Vladimir Ilic
da comunista,
perché un giorno sia chiaro
che voi che seppellite siete i morti.

(R.M. 1990)

La “Diselezione” di Mordenti

(ovvero: come in Italia è possibile dis-eleggere 5 consiglieri Regionali del Lazio ed eleggere al loro posto altri 2 con una sentenza “errore giudiziario”)

Nemmeno i cittadini o i compagni più informati sanno bene che cosa è successo nella scorsa legislatura regionale e come mai Mordenti, che era stato eletto Consigliere regionale, ad un certo punto, dopo nemmeno un anno, si ritrovò a non essere più Consigliere regionale.

Molti hanno potuto pensare ad un nuovo conteggio dei voti, altri hanno confuso questa vicenda con il ricorso presentato da Michelini contro Badaloni (che invece, almeno in apparenza, non c’entra niente).

In realtà la disinformazione è stata (una volta di più!) assoluta e la vicenda è talmente incredibile che questa mancanza di informazione forse non è affatto casuale.

Ci sembra dunque opportuno raccontare questa vicenda e cercare di fare, con i nostri poveri mezzi, quello che stampa e televisioni evitarono con cura di fare, cioè informare, su una vicenda che riguarda la stessa democrazia, se è vero come è vero che una “strana” sentenza ha cambiato in modo sostanziale la volontà degli elettori del Lazio, portando alla “diselezione” di ben 5 Consiglieri regionali che erano stati regolarmente eletti (oltre a Mordenti, Tola e Pacitto del PDS, De Lillo di Forza Italia, Temperini di AN) ed alla “elezione” al loro posto di 2 altri che non erano stati affatto eletti (Renzi del PRI e Pizzutelli del PSDI) (altro…)