Raul Mordenti
Prefazione, in
Dodicesima disposizione. Fascismo e neofascismo: conoscerli per combatterli, a cura del Dipartimento Antifascismo del Partito della Rifondazione Comunista Nuova edizione ampliata, Roma, Bordeaux, 2023, pp.ix-xv
Questo che vi apprestate a leggere è un libro militante, che dichiara e rivendica di essere militante. Militante non significa affatto per noi propagandistico o fazioso, e meno che mai significa non veritiero, perché noi sappiamo con Gramsci che “La verità è sempre rivoluzionaria”. Militante significa che siamo finalmente consapevoli della necessità di combattere una decisiva “battaglia delle idee”, una battaglia che la destra combatte da anni, con grande determinazione e impiego di mezzi, e che la sinistra, i comunisti, sembrano aver perduta, finora senza neanche combatterla. Quale è l’argomento di questa battaglia ideologica? È la narrazione della storia nazionale, e in particolare di quella del Novecento che si addensa attorno al problema, e alla tragedia, che chiamiamo fascismo.
Il filosofo indiano-statunitense Homi K. Bhabha, un maestro degli studi postcoloniali, ci ha insegnato che le nazioni sono frutto delle “narrazioni”[1], perché le narrazioni dominanti costruiscono le identità, determinano le scale dei valori e le priorità, e soprattutto creano il senso comune. Il senso comune è una sorta di filosofia spontanea e primitiva delle masse, è insomma ciò che le masse pensano senza neanche sapere di pensarlo (Giambattista Vico lo definisce infatti «un giudizio senz’alcuna riflessione, comunemente sentito… »).
Il senso comune non è da confondere con il “buon senso” e spesso è adddirittura il suo contrario, come scrive Manzoni descrivendo i controproducenti provvedimenti presi a fronte della peste: «Il buon senso c’era; ma se ne stava nascosto, per paura del senso comune». Anzi, poiché il senso comune è spesso governato da chi ha il potere e dai suoi strumenti, esso il più delle volte afferma il falso. Oggi, per fare solo un esempio, a proposito della guerra il senso comune, veicolato unanimemente e ossessivamente da tutti i mass media, dice “C’è un aggressore e c’è un aggredito” (quante volte abbiamo sentito ripetere questa giaculatoria!); il buon senso invece dice “Quella guerra è iniziata nel 2014, non nel 2022, l’hanno preparata e voluta gli USA-NATO non meno che la Russia di Putin, per i loro interessi economici e geo-strategici, e sono questi sporchi interessi dei due imperialismi che spiegano perché si oppongano alla pace, infischiandosene delle centinaia di migliaia di morti e del rischio sempre più incombente dell’olocausto nucleare”.
Noi sappiamo, perché ce lo ha insegnato il nostro Gramsci, che il “senso comune” è il terreno fondamentale della lotta per l’egemonia fra le classi, e – al tempo stesso – rappresenta la posta in gioco di tale lotta. È egemonica la classe che fa pensare le masse con le proprie idee, che riesce a spacciarle come vere, anzi naturali e indiscutibili. Già Orwell aveva detto che chi controlla il presente controlla il passato e che chi controlla il passato controlla il futuro.
Ora, a proposito del fascismo, ci sembra abbia prevalso il micidiale senso comune della piccola borghesia italiana, veicolato per decenni dalla destra e dai suoi mass media (senza sufficiente contrasto da parte nostra): “…il fascismo non c’è più: che ne parliamo a fare?”, “…c’erano brave persone anche fra i ragazzi di Salò”, “fascismo e comunismo sono la stessa cosa…”, “…e allora le foibe?!”. È il vecchio putrido a-fascismo borghese che è ormai diventato anti-antifascismo.
Queste falsità dell’anti-antifascismo possono insediarsi perché poggiano sull’anti-comunismo, a cui le classi dominati italiane non rinunciano mai, dopo averlo creato, diffuso e utilizzato per decenni come base del loro potere; e l’anti-comunismo ha sempre un conto aperto con l’antifascismo, dove c’è l’uno (a ben vedere) non può esserci l’altro. Come scrisse all’indomani della Liberazione Lucio Lombardo Radice, un partigiano e un grande intellettuale che fu indimenticabile maestro di democrazia e di vita per molti di noi (e per chi scrive): “L’anti-comunismo è stato uno degli strumenti politici usati dal fascismo per consolidare, o perlomeno per difendere, il suo regime di schiavitù e oppressione, (…) In questo senso noi parliamo di una ‘seconda linea’ difensiva del fascismo, esistente sia nel campo ideologico che in quello politico.”[2]
Le falsità dell’anti-antifascismo possono tuttavia diffondersi solo sulla base dell’ignoranza, quell’ignoranza delle masse che i regimi reazionari si incaricano sempre – non a caso – di difendere e incrementare. La crisi verticale della scuola e dell’università ne rappresenta un aspetto, ma perché l’intenzionale ignoranza della storia nazionale possa vincere è decisiva anche la distruzione dei luoghi autogestiti della memoria dal basso, del racconto familiare e collettivo, di quella diffusa scuola quotidiana che era rappresentata dalle lotte sociali, dal sindacato e dalle sezioni di partito. E un ruolo negativo decisivo è rappresentato anche in questo caso dalle TV, ormai integralmente berlusconizzate.
Dalla lettura del nostro libro emerge una verità che ci sembra particolarmente importante sottolineare e che si potrebbe esprimere così: il neo-fascismo (quello inaugurato dal MSI nel dopoguerra e durato fino ad oggi) è stato peggio ancora del fascismo vero e proprio. Quel partito, che – come i neo-fascisti rivendicano – ha nella sua sigla non solo il richiamo alla repubblichina di Salò ma anche l’acronimo “Mussolini Sempre Immortale”, è la vera anima del Governo di Giorgia Meloni, la quale non per caso conserva il simbolo del MSI nel simbolo di FdI.
Che cosa è stato e che cosa ha fatto il MSI nella storia delle Repubblica è storia largamente dimenticata, anzi occultata. Noi vorremmo invece che questa storia sia ricordata, e non sia perdonata agli eredi del MSI.
Quel partito si è opposto sempre in Parlamento a quel po’ di civiltà e riforme che il movimento operaio e democratico ha faticosamente conquistato, si è opposto alla scuola media unificata (che aboliva l’obbrobrio dell’avviamento professionale a 10 anni), si è opposto ai diritti dei lavoratori e alla liberalizzazione degli accessi all’Università, si è opposto al sistema sanitario nazionale, si è opposto sempre alla Costituzione e a tutte le leggi di attuazione della Costituzione (compresa l’istituzione delle Regioni), si è opposto all’obiezione di coscienza, al divorzio, alla legalizzazione dell’interruzione della gravidanza, e l’elenco di simili nequizie potrebbe continuare a lungo. Quando c’era un picchetto di sciopero da aggredire o un’occupazione studentesca da colpire, i militanti del MSI non mancavano mai, e sono venute dalle sue sezioni innumerevoli aggressioni e atti di apologia del fascismo, così come i suoi giornali sono stati sempre in prima fila nella diffusione della più rivoltante omofobia (ora tentano perfino di strumentalizzare Pier Paolo Pasolini, ma noi non dimentichiamo come i missini e la loro stampa trattavano Pasolini quando era in vita).
Ma quello che è peggio è la partecipazione diretta, ormai dimostrata perfino dai processi, di esponenti del MSI alla strategia della tensione e ai ricorrenti tentativi di colpo di Stato, che hanno insanguinato la nostra democrazia. Pino Rauti è stato esponente di spicco, mai rinnegato (e anzi celebrato) di questa strategia sanguinaria, e basti dire che furono presidenti del MSI Junio Valerio Borghese e Rodolfo Graziani e De Lorenzo, come era senatore del MSI quel Mario Tedeschi che la recente sentenza sulla strage di Bologna indica fra i mandanti della strage.
D’altra parte quando alla DC mancavano dei voti, il MSI è sempre stato pronto a fornirgliene (mettendo da parte la sua finta e demagogica opposzione), dal Governo Tambroni all’elezione di Leone alla Presidenza della Repubblica.
Il centro-sinistra riesce tutt’al più a rimproverare Meloni e i suoi di essere stati fascisti, noi vorremmo ricordargli invece il loro essere stati ed essere missini.
In questa necessaria lotta per una memoria e una storia di verità, noi di Rifondazione siamo consapevoli di rappresentare, con questo nostro libretto, come una goccia nel mare, una goccia di vera narrazione nel mare di falsità che ci circonda e ci opprime. Ma sappiamo pure che la goccia può scavare la pietra. Intendiamo dire che intendiamo la lotta per la memoria come una lotta collettiva che intende coinvolgere tutte e tutti, e in prima persona dei comunisti e delle comuniste: che ciascuno/a di noi legga e studi, che ciascuno/a si faccia raccontare e racconti; a cominciare – se volete – da questo libretto impegnandoci ciascuno/a di noi a farlo leggere almeno a un/a altro, almeno a un/a giovane[3].
Raul Mordenti
- Cfr. Homi K. Bhabha, Nazione e Narrazione, Roma, Meltemi, 1997. ↑
- L. Lombardo Radice, Fascismo e anticomunismo, Torino, Einaudi, 1946, pp. 12 , 16 (capitolo I: “La seconda linea difensiva del fascismo”). ↑
- Ricordiamo che una versione audio-video di Dodicesima disposizione è disponibile, del tutto gratuitamente, presso il sito del Partito della Rifondazione Comunista (www.000) ↑
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